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La Nutella di Nabokov

Nutella, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Nu-tel-la: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Nu-tel-la.

Era Nut, semplicemente Nut al mattino, ritta nei suoi quattrocentocinquanta grammi in un barattolo solo. Era Nute a colazione. Era Lella nei panini a scuola. Era Nutellores sulla linea tratteggiata del suo barattolo bianco. Ma sulla mia lingua era sempre Nutella.

Se Nabokov fosse stato in cerca di un vero lettore modello, di certo la prima pagina di “Lolita” avrebbe suonato in questo modo.

La Nutella è il nostro amore proibito: vorremmo, non possiamo, “desisti ti prego”, ci ripetiamo mentre calibriamo la distanza tra il cucchiaino e la credenza che ci divide dall’estasi, spazio che è già colmato, perché le nostre parole non seguono i passi che avanzano e mentre ci convinciamo che la ragione è più forte del sentimento, siamo già lì a svitare il vaso di Pandora.

Il corpo della Nutella compie un primo scatto, gira su se stesso, e noi l’accompagniamo come farebbe un ballerino in una danza.

In quel momento diventiamo un po’ Humbert Humbert: cediamo all’oscenità della Nutella che, come Dolores, è la nostra perversione.

Quindi la spogliamo della sua pellicola d’oro, stando attenti a non spezzare la carta del nostro amore delicato e poi, finalmente, affondiamo una prima volta nella sua crema seducente, e poi ancora, continuiamo quell’ossessione fino alla nausea.

A quel punto pensiamo quasi di lasciarla, ricordiamo per un attimo che forse è sbagliato, Nutellores stessa ci dice sprezzante che lei è frivola e vana, la guardiamo di nuovo, e ci accorgiamo di non poter vivere senza di lei, “lei che era entrata nella sua vita senza bussare alla porta, come chi penetra nella stanza sbagliata a causa della sua rassomiglianza con la propria”.

Infine la consumiamo, la svuotiamo del suo amore e la lasciamo scappar via, nel suo barattolo vuoto…

Ci rimangono solo una costellazione di brufoli e un grido che urla: “Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e turpido e tutto quello che vuoi, mais je t’aimais, je taimais! E c’erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l’inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa NutellaSchiller”.

A tutti gli immorali, traviati e pervertiti che amano la Nutella…

Buon World Nutella Day!

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