La Compagnia di Firenze (Via Cavour, 50/R) fino al 31 dicembre porta in sala le rocambolesche avventure del volto più noto del cinema afgano. Nothingwood Party, presentato alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes e al Biografilm Fest di Bologna, della regista Sonia Kronlund, è un docu-film su Salim Shaheen, produttore, regista, attore e autodistributore di oltre 108 film. Personaggio indiscusso dell’industria cinematografica afgana fatta, letteralmente, con il niente (non è un caso che sia definita proprio Nothingwood) canta, balla, recita ed è riconosciuto e acclamato ovunque vada. La regista con grande bravura e senza tanti orpelli restituisce, con grande semplicità, il clima dei vari set cinematografici di questi action z-movie e la quotidianità che si crea. Si evidenzia così, a più riprese, il carisma di questo pasticcione, sgangherato e talvolta geniale protagonista.
In un paese come l’Afghanistan dove tutto è censurato Salim Shaheen riesce a ritagliarsi una certa, seppur bizzarra, libertà creativa; con i mezzi, che di fatto non ha, fra bombardamenti e kalashnikov vuole semplicemente far ridere, divertire e intrattenere. È forse propria questa concezione cinematografica a fare di Salim un personaggio amato da tutti. Quello che ne deriva è un pastiche visivo tra il documentario che stiamo guardando, i vari frammenti dei film che lo stesso Salim ha girato o che sta girando e la realtà. Tutto si mescola in un loop senza fine facendosi film nel film. Cosa stiamo guardando un film o la realtà? Personaggi o persone? Attori o uomini veri? Realtà o finzione? Quando il cinema diventa più finto della finzione e, al contempo, più reale della realtà, il confine per Nothingwood, a metà fra Hollywood e Bollywood, sembra non esistere. Realtà e finzione coincidono.