palati fini

La schiacciata all’uva

By Marta Staulo

October 10, 2017

Ci sono alcune cose che tu extrafiorentino approdato in terra d’Arno devi apprendere non appena hai smesso con la solfa della Hoca Hola hon la hannuccia horta: sapere a memoria Amici Miei e farne pubblico sfoggio in occasioni adeguate, canticchiare qualche ritornello di Marasco, (ri)conoscere il Larva, e last but not the least, decantare la schiacciata all’uva.

E tu fai l’analisi grammaticale di queste due parole che messe insieme dovrebbero narrarti di un dolce. Tu che sei abituata a vocaboli come “babà” o meglio ancora “delizia di Sorrento”, termini che vengono utilizzati persino a complimentare doti personali,  al suono della parola “schiacciata”, quello che ti passa davanti agli occhi è il punto più buio della tua carriera liceale: l’ora di palla a volo.

Come seconda immagine invece, ecco la mamma del Buondì Motta che si scatafascia con l’asteroide.

Ma c’era un tempo in cui le mamme vendemmiavano e non commentavano gli articoli di Huffington Post e i figli (tanti) crescevano anche senza vaccini e Candy Crush.

Queste mamme facevano il pane e ne mettevano da parte un pugno che, coperto di acini e infornato con un po’ di zucchero, bastava a darti un’ebrezza fatta di uva ma ancora lontana dall’essere alcolica.