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Cosa resterà di questi anni 80

Prima di tutto erano le hit tragico-rock che facevano innamorare teenager problematici.Erano le rivincite da prendersi sulla società e i genitori, erano ballerine operaie in cerca di un sogno e giovani ribelli che con la danza volevano cambiare la mentalità di una città, studenti rinchiusi in una scuola in cerca di comprensione e gruppi di bambini che saldavano la loro amicizia di fronte all’ignoto. Erano alieni e mostri da scoprirsi buoni o cattivi, erano la fantascienza e l’horror alla scoperta degli effetti speciali e dei trucchi, i colori kitsch e le acconciature sparate, erano gli Harrison Ford e i Michael J. Fox, le Molly Ringwald e le Sean Young, lo sguardo di Steven Spielberg e l’ingegno di Joe Dante, passando per il culmine di John Landis e la leggerezza di John Hughes. Il tutto condito da David Bowie, Cindy Lauper e gruppetti come gli A-ha.

Tutto questo erano gli anni ’80, periodo discusso, criticato, osannato, analizzato, ripudiato. Insomma, non è passato inosservato. Eppure ci manca e si vede. Perché al cinema e alla tv quasi non si cerca altro e le produzioni lo hanno capito (purtroppo?).

Ci avevano provato timidamente anni fa ravvivando Indiana Jones e Tron, ma produzioni gigantesche come Star Wars e Guardiani della Galassia hanno trovato il modo e le spezie giuste. La conferma è stata l’eccezionale successo della prima stagione di Stranger Things, serie omaggio per eccellenza al decennio pacchiano, immergendoci nelle biciclette di E.T e nelle atmosfere del vecchio Stephen King di Stand by me e di IT, puntualmente rievocato e uscito nelle sale col sequel in cantiere.

Indovinato il momento, nessuna esitazione: risvegliamo tutto e tutti quanti. Abbiamo visto tornare Darth Vader, Ash Williams ha ripreso in mano (o nel braccio) la motosega per la gioia dei cultori (terza stagione di Ash vs Evil Dead a Marzo 2018), i Ghostbusters in versione rosa hanno invece fatto storcere il naso, Rocky Balboa (instancabile come Rambo) e il figlio di Creed faranno risorgere Ivan Drago, perfino Karate Kid e Ralph Macchio torneranno in una serie targata Youtube Red. Ci sono anche film che non vengono dagli anni ’80 ma che sono sugli anni ’80: Single Street (sottovalutato), Atomica Bionda, Glow (ottima serie con un minutaggio che la tv dovrebbe riconsiderare).

Se da un lato questa globale rievocazione entusiasma i nostalgici e affascina chi quel decennio non lo ha mai vissuto, dall’altro ne risentono i famosi cantieri delle Idee. Sì, perché il pericolo è dietro l’angolo: perché fare un film originale o con una trama sostanziosa se al pubblico bastano le canzoni, i colori, i personaggi cult e la fotografia di quel tempo? Ed è il caso clinico di Blade Runner 2049, ovvero centosessanta minuti di fotografia, atmosfera e ambienti perfetti ma non una sola idea: un piccolo sputo a Philip Dick e alle sue pecore elettriche.

Ma c’è anche un’altra questione che sarebbe da tenere conto: perché tutta questa nostalgia? Perché tutta questa continua rievocazione? Si dice che si guarda al passato perché qualcosa nel presente non funziona. È come se volessimo davvero la macchina del tempo di Doc per tornare nel 1985 (non a caso in Ash vs. Evil Dead succede. Coincidenze?). Tutto questo sembra essere una funzione protettiva nei confronti del presente. Può essere che ci sia in atto un grande rifiuto verso il periodo storico che stiamo vivendo, un’infelicità globale di cui non si vuol parlare e un futuro di cui non vogliamo occuparci? Non rischiamo di fare la fine della moglie di Lot così?

In fondo negli anni ’80 non era tanto diverso. Nonostante sembra stato un periodo così sognante, guarda un po’, circolava una certa nostalgia per gli anni cinquanta-sessanta. E allora ci pensi: per cos’erano nostalgici i sessantini e così via? Woody Allen ci ha un po’ spiegato questo fenomeno in Midnight in Paris.

Sono più le domande che le risposte. A conti fatti l’impressione è quella di vivere di rendita, di idee altrui che hanno lasciato a noi per godercele ma non per riutilizzarle, di gente che si è fatta un mazzo così trent’anni fa per creare storie e personaggi divenuti cult mentre a noi ci basta riciclare. E noi, già, noi cosa lasceremo a quelli che arriverano fra trent’anni?

 

di Mehdi Ben Temime

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