Non lo sapete, ma io sono qui per illuminarvi: Terrence Malick è morto in un incidente stradale nel 2011 lungo la 66 in Texas, di rientro verso casa dopo una notte passata a Houston a osservare le stelle col telescopio.
È successo qualche mese dopo aver vinto la Palma d’oro per The Tree of Life, che gli avevano spedito per posta e che aveva usato come condimento per l’insalata.
Stava pensando al suo prossimo film, qualcosa di completamente diverso, e sapeva che ci sarebbero voluti almeno diciassette anni prima di poterlo concludere, forse non ci sarebbe nemmeno arrivato come accaduto al cugino Stanley con Eyes Wide Shut, e la cosa lo rallegrava. Lo aveva fatto così tanto ridere che non si era accorto dell’albero caduto in mezzo alla strada e quando se n’è reso conto era troppo tardi: il sole col filtro da obiettivo che passava tra i rami lo ha accecato ed è finito dritto contro il tronco.
Un disastro per la produzione che intendeva investire il proprio nome esclusivamente sul suo regista prediletto. Così con la moglie e la famiglia si sono guardati tutti negli occhi e si sono detti: “Sostituiamolo! Come hanno fatto a McCartney!” E hanno cominciato a cantare Let it Be, rotolando sull’erba durante una mezza eclissi al tramonto vicino ad un fiume con le cascate, intanto Lubezki scattava foto, non si sa mai.
Scoprono che Rob Reiner è incredibilmente somigliante a Terrence, e Rob accetta di buon grado visto che non fa un film decente dal 1992. Allora esaminano tutte le pellicole di Malick da La Rabbia Giovane a The Tree of Life e proprio non riescono a capire perché ci avesse messo vent’anni per realizzare La Sottile Linea Rossa, anche se indubbiamente uno dei suoi film più belli, e sette anni per girare The New World, decisamente diverso dal Pocahontas Disney che tutti si aspettavano.
Così Reiner, autocompiaciuto, intuisce la formula: steady ubriacante, grandandolo a contorcere spazi e personaggi, voice over, natura & grattacieli, montaggio eclettico. Promette a tutti di realizzare i film del suo predecessore usando la stessa identica tecnica in meno tempo (e meno soldi)!
Et voilà, in soli cinque anni riesce a girare “To the wonder” (utilizzando riprese del film precedente), “Knight of cups” e “Song to song”, usa un sacco di attori bravi e belli e cambia qua e là qualcosa nel voice over, cosicché da “Problemi di vita” si passa a “Problemi esistenziali” o “Problemi con l’alcool e il sesso” o “La musica è vita”.
Al termine delle riprese di Song to song tutti baciano Rob Reiner per aver salvato la situazione e sono sicuro che anche Terrence da lassù in qualche modo ha apprezzato. Forse aveva in mente dei film sicuramente più originali ed espansivi, qualcosa che avrebbe dovuto lasciare il segno con un minimo di identità narrativa, come avevano fatto La Sottile Linea Rossa e The Tree of Life, e proseguire il lento e perfezionistico cammino di una filmografia in salita e in continua evoluzione.
Ma che importa? Per tutto il resto c’è Lubezki!
di Mehi Ben Temime