Ci sono persone che si avvicinano al disegno “da grandi” e altre che nascono immerse in quel mondo: frenopersciacalli è uno di questi.
Un nome, un anagramma, una storia. frenopersciacalli, minuscolo e tutto attaccato – si assicura – altro non è che “un gioco che mio padre mi insegnò per trovare il mio nome indiano. Una parola che viene scelta in base al proprio spirito, un nonsense che alla fine corrisponde a qualcosa”.
“Sto mantenendo viva la tradizione con i miei figli. Disegno da sempre, in famiglia lo facevano tutti, lo trovo naturale e indispensabile”. Rimango affascinata da questa sua voglia di persistenza temporale, di continuità. È la stessa che ritrovo in molti dei suoi lavori. Dai dipinti ai live painting, dai libri ai murales negli edifici abbandonati: i suoi schizzi prendono vita anche sulla carta e sui muri, senza limitarsi al mondo dei tatuaggi.
C’è dunque vita oltre l’inchiostro, poiché mi rivela che presterà la sua mano al nuovo disco di Krishna Biswas. E nonostante non si identifichi completamente con l’elemento dell’acqua, mi piace accostare alcuni dei suoi lavori a essa. “La tecnica del segno unico è solo istinto, memoria della mano e tanti fogli buttati”. Le sue linee continue scorrono, e non si arrestano davanti a nulla. Trascinanti e mai piatte – le sento inarrestabili proprio come lo scorrere di un fiume.