Tante sono le storie che nascono con lo scopo di incitrullirci da bambini (vedi Il Fagiolo Magico o Braccio di Ferro) a suon di “arriva l’aereoplanino…!” e farci ingurgitare sbobbe verdi con cui spesso, al primo assaggio, in fase di svezzamento, diventavamo idranti capaci di trasformare, con uno spruzzo, le nostre mamme in Hulk. Ma personalmente Cenerentola non mi ha mai convinta a mangiare la zucca in nessuna delle sue forme, tutt’altro.
Questa personificazione tentacolare un po’ frutta, un po’ verdura, un po’ mezzo di locomozione e un po’ capoccione, non me l’ha mai raccontata giusta, soprattutto dopo lo sconcerto provato per i tortelli con ripieno di amaretti, restando terreno sconosciuto al mio palato fino ai trent’anni.
Finché una sera ti invitano a cena e “Come non mangi la zucca?!” e per non creare imbarazzi per nessuno stai zitta e ingoi. E ti piace pure. Inizi a cucinarla anche tu, a farci passate, poi risotti, poi addirittura torte e scopri che da Starbucks in questo periodo è tutto un esplodere di pumpkin-latte-whatevah e che la cannella è la morte sua. E ti rendi conto che dove la metti sta bene: nei curry, al forno, perché è un po’ tanto colorata ma dallo standing molto low-profile: tradotto, fa presenza ma non sa – quasi – di nulla.
Però ti fa bene come ti sanno far bene solo le cose per cui non perdi il cervello: salva la prostata, ti protegge dal diabete e ti illumina la pelle e la vista.
Ma torniamo a Cenerentola, che oltre ad alimentare la mia diffidenza per questo ortaggio, ritengo abbia rovinato generazioni di fanciulle, che comprano vestiti fast fashion che si riducono in stracci manco il tempo di tornare a casa e che credono che quello con cui hanno ballato stia proprio a pensare alle loro scarpe la mattina dopo.
È il caso di smetterla di pensare che le giornate passate a pulire vi premieranno con l’arrivo di principi. È arrivato il momento di cambiare la favola che racconterete per introdurre la zucca nelle diete e nelle fauci delle generazioni che verranno: Il Cavaliere Senza Testa.
Il Cavaliere Senza Testa è la leggenda di un personaggio con una zucca per capoccia, per quanto il titolo possa suonare come la storia di un uomo all’apparenza affascinante e galante, ma che alla fine dei conti si rivela senza memoria e/o cervello (o parti). Un tizio – appunto senza testa – che va scappando per chissà dove, decapitando vittime per tornare poi sul luogo del delitto (Il Mistero di Sleepy Hollow, Tim Burton 1999, è senz’altro l’adattamento cinematografico più noto).
Tale racconto suonerà sicuramente alle orecchie delle vostre marmocchie come un approccio più realistico alla vita sentimentale che le attende, rispetto a quello prospettato dalla favola di Charles Perrault (noto copione di fiabe napoletane, tra l’altro).
Così, care mamme, in corso d’opera o fresche ingravidate di fertility day, le vostre bambine sapranno che dovranno contare solo sulle loro tasche per comprarsi un paio di Christian Louboutin (per quanto mi sentirei di sconsigliare il cristallo), solo sulle loro gambe per macinare chilometri tacco-punta-tacco-punta, che l’unico uomo che ti porterà una scarpa a casa è il corriere della Bartolini (e se non ti entrano, il reso sono problemi tuoi) e che l’unica scarpetta da poter dimenticare sarà -ma nemmeno- quella nel piatto.
1 cipolla dorata, 10 cucchiai olio e.v.o., 500 g zucca, 350 g riso Carnaroli, 1 bicchiere vino bianco, 1 noce burro, parmigiano grattugiato, sale.
1,5 l brodo vegetale: 1 cipolla, 2 carote, 1 costa sedano, sale
illustrazione e parole di Marta Staulo