La Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi ospita fino al prossimo 8 gennaio, l’esposizione “Scoperte e massacri. Ardengo Soffici e le Avanguardie a Firenze”. La donazione agli Uffizi di un autoritratto di Ardengo Soffici (1949), da parte degli eredi del grande artista ed intellettuale toscano, ha stimolato l’idea di una mostra, entusiasticamente accolta dall’ex Direttore degli Uffizi Antonio Natali e sviluppata dai due curatori Vincenzo Farinella e Nadia Marchioni, su questa figura di pittore, scrittore, polemista e critico d’arte, puntando l’attenzione in particolare sugli anni che lo videro assumere un ruolo di assoluto protagonista nell’aggiornamento della cultura figurativa italiana.
Questa mostra su Soffici ha trovato una guida nel suo libro memorabile Scoperte e massacri. Scritti sull’arte, edito a Firenze da Attilio Vallecchi nel marzo del 1919, che raccoglie una scelta dei testi storico artistici pubblicati, per lo più su “La Voce”, a partire dal 1908. Alla data cruciale del 1919, appena conclusa la Grande Guerra, Scoperte e massacri si presenta come un vero e proprio spartiacque tra due epoche: quella delle avanguardie europee e quella del “ritorno all’ordine”.
La mostra degli Uffizi si apre con una rievocazione di un evento decisivo non solo per il giovane Soffici, ma per l’intera cultura fiorentina, la Festa dell’Arte e dei Fiori (18 dicembre 1896 – 31 marzo 1897). A 17 anni Soffici ha modo di visitare varie volte questo grande consuntivo di cinquant’anni d’arte italiana e europea: una mostra nata sotto l’ala protettiva del mito di Botticelli, come dichiarato esplicitamente dal manifesto di Attilio Formilli, con una Flora ispirata alla Primavera degli Uffizi visibile in apertura della mostra. Soffici adolescente risulta colpito, nel bene e nel male, da varie opere, “ma la vera rivelazione in quella mostra fu per me Segantini” testimoniato da L’angelo della vita prestigioso prestito dal Szépművészeti Múzeum di Budapest.
Nella mostra, sulla scia di Soffici, è sottolineata l’esaltazione della modernità, incarnata da Paul Cézanne, identificato come il “superatore dell’Impressionismo” e massacrata, senza alcuna pietà “la bella pittura che trionfava nei salotti borghesi” e nelle grandi esposizioni internazionali. Lo spregiudicato corto circuito tra passato e presente che avviene spesso negli scritti d’arte di Soffici trova in El Greco un momento esemplare: l’artista, di cui era in atto in quegli anni una vera e propria riscoperta – come suggerito in mostra dalla grande tela del Musée d’Orsay di Parigi di Ignacio Zuloaga, Ritratto di Maurice Barrès con veduta di Toledo – viene riproposto come esempio di pittore capace di fuggire dalla “piovra” accademica del Rinascimento italiano (in particolare da Michelangelo e da Raffaello) e di incarnare il ruolo di “precursore” della modernità. La ricostruzione, mai fino ad oggi tentata, della cosiddetta “stanza dei manichini” di Bulciano, con le scanzonate e dissacranti decorazioni murali ideate per la casa di Giovanni Papini (oggi in collezione privata) costituisce uno dei punti focali più emozionanti e spettacolari di questa mostra.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Giunti, di Vincenzo Farinella e Nadia Marchioni, è promossa dal “Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi, la Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi e Firenze Musei.
di Teresa Orfanello