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Urban Blackout Contest. La finale

By Redazione Lungarno

March 23, 2016

Prima o poi doveva succedere. L’Urban Blackout Contest se ne va (per adesso) e vuole farlo col botto. C’è un atto finale tutto da scoprire: in quattro ce l’hanno fatta a raggiungere l’ultima sera, quella in cui si scopre tutto, vincitori, semivincitori e vinti.

Damiano Grazzini & Interno 17, Io Virginia e il Lupo, Bifolchi e Black Rising Angels si esibiranno per la finale con le band dai nomi più lunghi della storia di un contest, ma anche una finale che di qualità ne ha davvero tanta. Due band pratesi invece cercheranno di difendere il proprio territorio : soprattutto Damiano Grazzini e company hanno qualcosa in più di una semplice speranza di spuntarla, dopo aver dominato le semifinali (primi a 40 punti), mentre i Black Rising Angels faranno la parte degli outsiders (quarti a 35, ma con tantissimi fan). A rompere la filiera laniera ci dovranno pensare una band fiorentina e una livornese. Io, Virginia e il Lupo si sono presentati e hanno subito incalzato la capolista arrivando ad un solo punto di distacco, mentre i Bifolchi con 38,5 punti dalla giuria hanno ben chiarito che loro in corsa ci sono, eccome.

Per la finale cambia la votazione: sette giurati (sei tecnici più il voto del pubblico) e un solo voto, one shot, per ogni giurato. La band con più voti vincerà un tour nei maggiori festival estivi della Toscana (Marea Festival, Urban Eco Festival e Mengo Musica Fest), la seconda si “accontenterà” di una registrazione videoclip presso Urban Studio, mentre la terza si godrà una sessione di registrazione all’Antella presso il 121 Decibel Audio Recording Studio, che è un bel posto. La band con meno voti si beccherà una semplice pacca sulla spalla, che all’Urban avevano finito le targhe partecipazione.

E per chiudere col botto, ci sarà anche una guest star (eh beh). La prima band vincitrice del contest, i Last Not Worst, suonerà infatti live nel corso della finale.

E ora pronti, ultimo giro di bevute, il contest sta chiudendo, un anno se ne va, ma l’Urban tornerà.

 

di Andrea Biagioni