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La festa dell’Unità

Come si fa a Firenze a capire che le vacanze sono finite? Perché c’è la Festa dell’Unità. Non si chiama più così, oggi, ma ha una valenza simile. Si torna dal mare e ci si tuffa nel dedalo di banchini, tra sciarpe andine, balli latini e effluvi di cibarie. Principia il culturale, e si torna al solito tran tran. Negli ultimi anni è ospitata alle Cascine, dove si tennero anche le edizioni più rimarchevoli, tra i Settanta e gli Ottanta. Quelle con i concertoni, i comizioni, i dibattitoni. Quelle dove suonavano i CCCP. Poi un anno tutti a Campi, in quella landa desolata dove le zanzare erano così grandi che avevano la targa, un territorio flagellato da calura, maltempo e scordature di strumenti musicali, che alle prime gocce d’acqua si trasformava nell’Amazzonia. Non a caso di lì a poco cessò di esistere il piccì e venne il pidiesse. La storia cambiò, ma non cambiò il fatto che, per capire che è finita l’estate, a Firenze si va alla Festa dell’Unità, che si chiama comunque così perché ci si capisce.

 

di Leandro Ferretti

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