L’anno bisestile rimette le lancette dell’anno al loro posto tra il sole,
la luna, il capriccio di molti dei e la matematica degli uomini.
(Pino Corrias)
Capito? Altro che “anno bisesto, anno funesto“, il giorno in più non è un titolo di Fabio Volo, è un’occasione preziosa.
Va bene, non è tantissimo, ma sempre meglio di vedersi cancellare dieci giorni tutti d’un botto per far quadrare le stagioni – metodo poco ortodosso ma molto efficace adottato nel 1582 da Gregorio XIII con il celebre stile romano del rappeciottamento.
Dopo questa discreta figuretta, Papa Boncompagni è arrivato alla conclusione che forse aggiungere un giorno in più poteva essere un buon compromesso.
Ma non sempre, altrimenti i conti sarebbero sballati di nuovo. I matematici propongono ogni quattro anni.
E dove lo infiliamo? A febbraio, ai tempi ultimo mese in calendario, dedicato alla commemorazione dei morti, motivo per cui l’aggiunta di un giorno non è stata presa benissimo. Da qui l’accettazione negativa dell’anno bisestile e le scaramanzie che ne sono derivate fino a non molto tempo fa.
Prevalentemente in Italia ovviamente.
È stata a lungo pratica comune infatti, bluffare all’anagrafe con il benestare dell’addetto di turno per i nati il 29 febbraio. Non si capisce se per pietà del futuro bambino meno-festeggiato o per l’llusione di vivere più a lungo, fatto sta che questo rende Gioacchino Rossini un lungimirante, non solo per le sue melodie.
Oggi la cosa è leggermente più accettata e, se da una parte stiamo ancora a battibeccare sulle unioni civili, dall’altra internet è stato un grande alleato nell’apertura mentale.
Abbiamo scoperto che il giorno in più serve ad aggiustare le cose, ed ora che lo sappiamo è bene non farselo scappare.
Riassumiamola così, nell’ottica del consumatore del terzo millennio: ogni tre anni hai un giorno in omaggio e, dato che il rischio di confonderlo con uno degli altri trecentosessantacinque è molto alto, per imparare a riconoscerlo l’abbiamo fissato al 29 febbraio, ma può essere personalizzato alla bisogna.
Quindi che farsene? Potrebbe essere quel giorno in cui hai voglia di prendere la macchina e guidare fino a Viareggio in una delle domeniche del Carnevale, ripassando nel frattempo la tabellina del sette.
O banalmente uscire a visitare una mostra, riscoprendo l’Oltrarno con David Bowie nelle orecchie.
Magari hai voglia di vivertelo al buio, e allora quale migliore occasione della notte degli Oscar con DiCaprio e il suo orso sul red carpet e tu e il tuo gatto sul divano?
Può essere il giorno in più indispensabile a smaltire quel cumulo di non-fatto e non-detto che ormai fa capolino da sotto il tappeto.
E, perché no, il giorno di riposo che risveglia uno sguardo attento, la parola giusta o l’intuizione che mancava per arrivare alla svolta.
Ognuno ha il sacrosanto diritto di viverselo come vuole, basta porci attenzione e non lasciarlo passare inosservato.
Trenta dì conta novembre,
con april, giugno e settembre.
Di ventotto ce n’è uno,
tutti gli altri ne han trentuno.
E poi c’è il giorno in più, anche se non si vede.