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Proviamo a capirci

 

Esiste qualcosa che si muove, muta e si rinnova quanto il linguaggio? Può darsi, anzi c’è di sicuro, ma qui non ci interessa perché proprio del linguaggio vogliamo parlare e principiare (come avremmo detto nella Vecchia Firenze) da una domanda ci aiuta a stimolare la curiosità. Ecco, questa è retorica, un piccolo trucco della lingua italiana che ogni giorno vestiamo come un abito alla moda a cui sono appesi anche gli accessori del passato e i monili ereditati dalla famiglia (io per esempio a volte me ne esco fuori con un poeri a noi). Tante lingue all’interno di una sola. Diversissime le lingue del mondo. Ma come fare a capirci?

Se lo sono chieste Francesca Bazzanti, Francesca Bensi, Chiara Caparello e Margherita Polizio che nel 2014 hanno fondato LiMo – Linguaggi in Movimento. «Offriamo servizi e strumenti per facilitare l’apprendimento della lingua» dice Chiara, una laurea in Filosofia e una scrivania condivisa con le tre socie a Impact Hub Firenze. Sono partite dal presupposto che in un’epoca globale e in una società multietnica il linguaggio è uno strumento fondamentale. «Molti migranti – spiega Francesca Bazzanti – oltre a non conoscere l’italiano, hanno un livello basso di scolarizzazione quindi non sono abituati a usare i libri di testo o a seguire una lezione frontale. Con queste persone occorre inventarsi dei metodi nuovi di insegnamento che variano a seconda delle loro esigenze ed esperienze.» Partire dal bisogno significa anche facilitare l’apprendimento della lingua in vista di un lavoro. Per questo LiMo collabora con agenzie formative e interinali affiancando gli stranieri che frequentano percorsi di inserimento lavorativo e aiutandoli a comprendere il lessico settoriale degli addetti al magazzino, aiuto cuoco, pellettieri e pizzaioli. Poi ci sono i corsi personali di italiano per la patente e la formazione insegnanti sul bilinguismo.

Mi viene in mente mio nonno che seduto al tavolo della cucina risolveva i cruciverba e quando non gli tornavano li faceva tornare, inventando le parole e annerendo a penna le caselle rimaste vuote. Quello era il suo linguaggio in movimento.

 

 

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