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Chimenti vs Bowie: geni a confronto al Museo del Novecento

Nel 1959 David Jones aveva 12 anni e quel natale sua madre gli regalò il suo primo vero sax. Iniziò a prendere lezioni dal jazzman Ronnie Ross a Orpington, uno sputo di città poco distante da Londra. Ronnie rappresenta uno di quei nomi che non risuonano nella storia quanto la loro musica; basti pensare che questo talento british registrerà  uno degli assoli di sassofono più impressi nell’epopea della musica rock: il finalone fade-out di Walk on the Wild Side di Lou Reed.

Un poco più a sud, lo stesso anno in cui  David inumidiva l’ancia del suo strumento nuovo fiammante, a Reggio Emilia nasceva Andrea Chimenti.

Naturalmente avete capito che il nostro amichetto inglese era il piccolo seme biondiccio che negli anni si sarebbe dischiuso in quella miriade di fertili boccioli, profumo di
cinque  decenni della musica rock. Fragranze uniche, così mutevoli e mutanti che nemmeno Dior sarebbe riuscito inventare titoli così azzeccati e imprevedibili: il Duca Bianco, Ziggy Stardust, Nathan Adler, Halloween Jack.

Sì, stiamo parlando di David Bowie.
Bowie e Chimenti, due spiriti affini, lontani geograficamente ma vigorosamente appesi a rami non distanti del grande albero genealogico musicale.
Non sono richiesti nemmeno i sei gradi di separazione per sfoltire questo intrigo, basta un nome chiave: Mick Ronson. Produttore di Lou Reed, Bob Dylan, nonché chitarrista di Bowie e Elton John, questo folle genio vestito di paillettes ha riarrangiato Io vorrei… di Lucio Battisti per trasformarlo nella glam ballad Music is Lethal.
“Le discese ardite e le risalite” a parte, probabilmente è stato questo suo amore per la musica italiana a portarlo nel 1947 a collaborare con i Moda di Andrea Chimenti durante la registrazione dell’album Canto Pagano, arrangiando il brano Malato e sfornando l’assolo in Se Fossi.
Condividere un chitarrista, seppur per qualche brano, non è forse la più alta forma di tacita complicità tra musicisti? Certo, queste sono tutte supposizioni fatte dalla ragazza che non si lavò la mano per una settimana dopo aver stretto le dita di Jonny Greenwood immaginando che con quelle stesse nocche lui interagisse con il dio-in-terra Thom Yorke, quindi la mia concezione di trasmissione indiretta potrebbe essere leggermente distorta.


Comunque questo impalpabile legame verrà finalmente celebrato lunedì 20 luglio presso il Museo del Novecento (piazza Santa Maria Novella n.10, Firenze), dove il poliedrico Andrea Chimenti interpreterà i capolavori di David Bowie, accompagnato dal Quartetto dell’Orchestra da Camera i Nostri Tempi. La produzione, in prima esecuzione, è ideata dai NEM – Nuovi Eventi Musicali per l’Estate Fiorentina. Celebri brani di Bowie, quali Quicksand, Fantastic voyageThursday’s childLife on MarsSpace oddity, prenderanno nuove forme grazie alle trascrizioni dagli originali e agli arrangiamenti del M° Marco Bucci, realizzati per l’occasione. Ad accompagnarlo saranno il figlio di Andrea, Francesco Chimenti (al pianoforte, violoncello elettrico e cori), e Davide Andreoni (alle chitarre), entrambi membri della band Sycamore Age.

L’ensemble eseguirà anche brani originali di Andrea Chimenti (di cui è da poco uscito il nuovo album, Yuri), affiancandoli all’esecuzione di musiche di Beethoven (Cavatina dal Quartetto op. 130 e quarto movimento dal Quartetto op.135) e di Debussy (Quartetto per archi).

Un appuntamento da non perdere, adatto a Bowie-adepti e curiosi di tutte le età.
L’evento ha il contributo del Comune di Firenze per Estate Fiorentina 2015. Ingresso unico 14 euro. Prevendite su circuito boxoffice, per informazioni www.nuovieventimusicali.it 

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