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Claudeopsis – lo sguardo di Claude

il tavolo del prosecco

foto: Francesco Niccolai

La nuova edizione della rassegna Tusciaelecta. Arte contemporanea nel Chianti ha inaugurato domenica 16 giugno a Tavarnelle Val di Pesa l’installazione site specific di Dacia Manto, Claudeopsis. Lo sguardo di Claude, a cura di Arabella Natalini. L’opera di Manto si inserisce nel progetto di arte pubblica che la manifestazione Tusciaelecta porta avanti dal 1996. La rassegna nel corso degli anni ha presentato, tra le tante, installazioni di Mario Airò, Flavio Favelli, Antony Gormley, Eva Marisaldi, Perino e Vele, Cesare Pietroiusti, Alan Sonfist, con l’intento di riproporre una ridefinizione di quei  luoghi del Chianti che si discostano dalla visione stereotipata che usualmente viene fornita. Dalla sua nascita Tusciaelecta ha proposto una serie di interventi appositamente realizzati in luoghi atipici e spazi decentrati, favorendo un’integrazione tra opera d’arte, luogo e suoi abitanti: un coinvolgimento programmatico dei luoghi nodali dell’abitato che implica un dialogo attivo e quotidiano tra spettatori non convenzionali d’arte contemporanea, turisti e soprattutto cittadini dei luoghi coinvolti.

L’edizione del 2013 ha interessato il comune di Tavarnelle Val di Pesa, per il quale l’artista Dacia Manto ha elaborato una sorta di moderno dispositivo ottico, con l’intento di ridefinire la consueta osservazione della cittadina: una serie di oggetti specchianti di diverse dimensioni si inseriscono in maniera minimale nell’abitato urbano, rispettandone le caratteristiche sociali e paesaggistiche, ma allo stesso tempo ne amplificano e moltiplicano l’usuale possibilità di visione. Per l’installazione Claudeopsis Dacia Manto ha infatti tratto spunto dal “Claude Glass”, un antico congegno ottico che prende il nome dal pittore Claude Lorrain, e che è stato impiegato nel Settecento e Ottocento dagli artisti per la resa del paesaggio, riattualizzandone l’aspetto e la funzione. Gli specchi di Manto, di colore brunito e forma convessa, sono stati apposti negli alberi della piazza principale del paese, Piazza Giacomo Matteotti, luogo del mercato cittadino e sede del Municipio, e nello spiazzo antistante la Chiesa di S. Lucia al Borghetto, un giardino maggiormente caratterizzato da un punto di vista paesaggistico. L’intento delle inserzioni dell’artista è quello di proporre una visione alterata e inconsueta del circostante, un immagine che di volta in volta viene creata dalla spettatore, il quale inserito nell’immagine partecipa al suo farsi e allo stesso tempo la costruisce e la modella. Anche il titolo – neologismo coniato dall’artista, che fonde la parola greca opsis, sguardo, e il nome del celebre paesaggista Lorrain –allude a questa possibilità dello sguardo di costituirsi come elemento fondante il lavoro, dando luogo ad una molteplicità di punti di vista e visioni in cui si inseriscono al contempo elementi architettonici, vegetali e fruitori del luogo. La collocazione degli specchi nella piazza principale del comune risponde inoltre alla sua antica funzione di centro nevralgico della città, luogo di scambio economico e sociale e perno funzionale delle attività della comunità. Dacia Manto, moltiplicandovi i punti di osservazione e rispecchiamento, ne ribadisce la sua centralità come spazio pubblico per eccellenza: una sovrapposizione visiva che simbolizza e amplifica l’immutata funzione della piazza quale luogo di convergenza di percorsi personali e collettivi. Se all’interno della piazza gli oggetti sono meno evidenti ad una prima osservazione, dando luogo ad una relazione singola con l’osservatore, nello spazio di S. Lucia al Borghetto la loro interazione viene maggiormente sviluppata, in un continuum visivo dove l’immagine che viene creata contiene e richiama la successiva. Qui l’elemento naturale ricalca maggiormente i canoni paesaggistici del Chianti, riproponendo pertanto l’antica funzione del dispositivo quale filtro per l’osservazione della natura.

Con Claudeopsis Manto da vita ad un’inedita modalità di creazione  e restituzione delle immagini, una riappropriazione del circostante ottenuta grazie all’esperienza del singolo e alla sua manipolazione attiva del paesaggio.

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