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Due belle ghigne – intervista ai Gatti Mézzi

di riccardo morandi

GattiMezzi

Mi son sempre piaciuti, anzi garbati, i “Gatti Mezzi”. Gli esperimenti spontanei, la loro musica, il loro mondo. Il mondo della strada, della provincia e la loro profonda leggerezza nei brani che toccano e volano subito dopo. Quattro dischi all’attivo, il duo composto da Tommaso Novi e Francesco Bottai, pianoforte e chitarra, unisce il mondo semplice di una musica che fonde il jazz e lo swing con la canzone popolare. Come ascoltare Gershwin interpretato dallo zio Nedo in un bar sulla Toscoromagnola, all’altezza di Navacchio. Ho il piacere di incontrarli in occasione dell’uscita del loro disco “Vestiti Leggeri” per scambiare due parole fra toscani. Pisani e Fiorentini. È roba, insomma.

Gatti Mezzi. Pisani. Jazzisti o cantori di paese? Non ci definiamo jazzisti: ci siamo umilmente sporcati le mani con quel materiale ma non abbiamo mai molto approfondito. Amiamo il jazz e lo stesso swing, adoriamo Buscaglione: il problema è che spesso lo stesso jazz è di difficoltosa fruizione, annoia, perché in Italia abbiamo avuto tanto free jazz e meno swing. Diciamo che siamo jazzisti nell’attitudine e nelle improvvisazioni.

Lungarno. I lungarni ci sono sia a Firenze che a Pisa. Quale è il rapporto di voi pisani con la città di Firenze? Beh noi amiamo anche Firenze (risate, ndr)… Diciamo che i fiorentini al mare, a Pisa, li vediamo come degli “oriundi”, c’è un po’ dell’esotismo. Ci sentiamo però molto più vicini ai fiorentini che ai livornesi, con i quali parliamo, e sicuramente parlate, due lingue diverse…

Suonate moltissimo, avete suonato anche all’estero, in Francia e Canada. Come l’avete raccontato il vostro mondo, quali sono state le reazioni del pubblico? Le occasioni sono state molto piacevoli: in Francia eravamo ospiti del Consolato per la Festa della Repubblica Italiana qualche anno fa… è stata un’esperienza divertentissima, una vera festa, “all’italiana”. In Canada la cosa è stata più strutturata, ci eravamo preparati anche delle “intro” in un francese arrancato… abbiamo fatto sorridere tanto e la gente ha davvero gradito.

“Vestiti leggeri”. Un disco diverso rispetto agli altri, piu’ riflessivo e completo ma senza i personaggi e gli scenari che contraddistinguevano il vostro mondo. Cosa è successo? Siamo cambiati, a livello umano e musicale. Abbiamo ripescato sotto la cenere cose che ci stimolavano musicalmente. E poi siamo diversi a livello umano, ci sentiamo cresciuti: i figli ti cambiano. Guardiamo il mondo di casa nostra e per forza di cose alcuni personaggi non li vediamo più, ma ne vediamo altri. Nel brano “Fame” ad esempio osserviamo un nostro amico ma traspare anche un po’ la nostra paura di fare la sua fine, insomma.

Ho notato che nei vostri lavori non parlare quasi mai della vostra adolescenza e poco della vostra prima gioventù. Passate dai bimbetti agli anziani. Perché? È una domanda stimolante: in effetti entrambi anche se con percorsi diversi abbiamo avuto una fase di giovinezza abbastanza forte, vissuta. Al Macchianera (storico centro sociale pisano, ndr) che ci ha dato tanto e in altre situazioni analoghe. Abbiamo un buco nel raccontarla, forse dobbiamo ancora somatizzare.

Si sente del cinema in questo disco, visioni e riflessioni più corpose e più nitide. Esatto. C’è molto cinema in questo disco.

A proposito, colgo la palla al balzo. Vi piacerebbe fare del cinema? Adoriamo il cinema, aspiriamo a farlo e ci piacerebbe molto, moltissimo. Francesco ha partecipato anche ad un lavoro andato molto bene “I primi della lista” di Roan Johnson. Ci piacerebbe avere i nostri volti sul grande schermo: ce li vediamo bene in un film neorealista, o in una commedia del 1966. Siamo comunque narcisisti, c’è poco da fare!

La vosta particolarità è che siete un duo composto in pratica da due cantautori. Raramente fraseggiate a due voci. O scrivete a quattro mani. Come ve lo spiegate? È vero, è un’alchimia a cui noi spesso riflettiamo: ci siamo incontrati diversi anni fa, musicando delle strofe in vernacolo ed è nata questa magia. È una cosa strana in effetti, noi si fa “all’amore” con la musica sul palco, ed è vero, la nostra formula piace anche se è atipica. Oddio, ci piacerebbe guardare a noi come si è guardato al duo Dalla e De Gregori, giusto per spararla (risate, ndr). Due belle ghigne tutti e due…

È Natale: scelgo di regalare un vostro disco e mi avanzano i soldi per aggiungere un disco al vosto “Vestiti leggeri”. Cosa mi consigliate? Sicuramente o un disco di Dalla oppure uno di Gianmaria Testa. Anche se adoriamo, avendoci lavorato insieme, Dario Brunori.

Sempre sui vostri dischi: a chi regalareste il pacchetto della vostra discografia? Ad una persona cattiva, anche se sembriamo due bambini in questa risposta. Per fargli capire che il mondo è pieno di tanti sentimenti belli. Per redimerlo forse? Boh! Ah, poi sicuramente ad un regista: Ettore Scola. “Una giornata particolare” è un film che ci ha segnato.

Lascio i due Gatti andare riflettendo sull’espressione “due belle ghigne” e mi domando “O che vordì? Che diono questi?”. Mi son messo a pensare in pisano. Potere della musica? Forse. Bravi gatti.

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