di elena magini –
La nuova mostra che si è da poco inaugurata al museo Marino Marini di Firenze si propone come prima tappa di un progetto a cadenza annuale volto a mostrare all’interno di spazi pubblici collezioni di arte contemporanea italiane non conosciute dal pubblico. Il programma ripercorre un modello di collaborazione pubblico-privato sviluppatosi capillarmente in numerosi musei italiani, sempre più dediti, in momenti di strisciante crisi, ad avvalersi dell’apporto di privati. L’operazione tuttavia risulta coerente sia per la stessa istituzione del Marino Marini – fondazione e museo sono stati voluti fortemente dall’artista, che ha donato parte della propria collezione – sia per la città di Firenze, dove il mecenatismo ha dei precedenti storici illustri.
L’ambiguità stessa del titolo – the player, parola inglese che non presenta una traduzione univoca in italiano – va ad amplificare il carattere sperimentale, libero e mobile del progetto, che non prevede un impianto curatoriale forte, ma è principalmente volto a rendere esplicita l’attitudine e il gusto proprio del collezionista. Alberto Salvadori, direttore del museo e curatore della mostra, si è infatti avvicinato alla collezione di Sandra e Giancarlo Bonollo, cercando di mantenere vivo e presente nella mostra il criterio di scelta e di approccio all’opera d’arte che sottosta all’intera collezione, ricavandone un sottotematica, quella del viaggio, che risulta attinente alle passioni e alle scelte dei due collezionisti. Questi defilati dal contesto artistico main stream di aste e secondo mercato, hanno costruito la propria collezione affidandosi prevalentemente alla frequentazione diretta degli artisti, le cui opere sono state individuate coerentemente con gli interessi personalissimi dei collezionisti, prima tra tutti la passione per il cinema e la letteratura. Ulteriore aspetto significativo è la presenza di lavori appartenenti a nomi tutelari del panorama attuale, che tuttavia sono precedenti al momento di maggiore notorietà di questi artisti, convalidando l’importanza attribuibile all’istinto del collezionista, definito qui come sorta di novello dilettante e conoscitore Settecentesco. Il tema del viaggio, declinato in mostra in maniera molteplice, assume quindi i tratti di un percorso immaginario all’interno di memoria, narrazione e identità.
Opere di Pavel Althamer, Darren Almond, Stefano Arienti, Tacita Dean, Jeremy Deller, Rineke Dijkstra, Keith Edmier & Farrah Fawcett, Olafur Eliasson, Urs Fischer, Giuseppe Gabellone, Mona Hatoum, Sarah Lucas, Marepe, Gabriel Orozco, Damián Ortega, Simon Starling e Piotr Uklanski dalla collezione di Sandra e Giancarlo Bonollo